SALARIO MINIMO
IL CNEL IN SOCCORSO DEL GOVERNO

L’art.36 della Costituzione sancisce il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Il governo Meloni afferma che i lavoratori coperti da accordi contrattuali ufficiali sono il 97% e che il problema investe una ristrettissima platea di lavoratori dipendenti. In verità è così solo formalmente, Banca d’Italia segnala che il 20-30% dei contratti non vengono rispettati, soprattutto nel settori della logistica, ristorazione e lavori di cura. Per tale motivo l’Istat certifica che l’introduzione del salario minimo aiuterebbe 3,5 milioni di lavoratrici e lavoratori che, pur essendo occupati, non percepiscono un salario sufficiente a garantire loro una vita dignitosa.
Molti contratti nazionali sono sottoscritti da sigle di rappresentanza minori o fittizie pensati più per ridurre i costi delle aziende che per tutelare i lavoratori. E’ però doveroso rilevare che alcuni contratti nazionali firmati dalle principali sigle sindacali, come nel caso di quello della vigilanza privata, prevedono paghe inferiori alla soglia di povertà. Giusto e doveroso quindi garantire tutti i lavoratori con un fisso stabilito dalla legge per il quale i socialisti si battono. Se la legge è ben fatta si può stabilire una cifra e allo stesso tempo sostenere la contrattazione collettiva. Dunque la proposta presentata al governo dalle forze di opposizione non indebolisce i sindacati.
I socialisti non condividono il documento approvato dal CNEL contrario al salario minimo per legge che sostiene “per risolvere il tema del lavoro povero è sufficiente valorizzare la contrattazione collettiva”, e non comprendono le ragioni assai poco convincenti del voto di astensione della Lega delle Cooperative sul documento.

 

Ravenna, 13 ottobre 2023

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