QUARTIERE PORTO SRAGOZZA BOLOGNA
Alla tribuna della Festa nazionale dell'Avanti! si alterneranno personalità politiche nazionali ed europee ed esponenti del sindacato, dell’associazionismo e del giornalismo. Il confronto con gli ospiti farà dell’evento l’occasione giusta per promuovere, assieme al segretario nazionale Enzo Maraio e al gruppo dirigente del Partito, le campagne politiche socialiste in vista delle elezioni europee del 2024.
► programma, come arrivare, parcheggi e alberghi su partitosocialista.it/14217-2/
IL PUNTO N. 8/9 - AGOSTO/SETTEMBRE 2023 - DE il puntO
DA QUESTO NUMERO
SICUREZZA SUL LAVORO TRA APPALTI E SUBAPPALTI
L’utilizzo dei contratti di appalto e subappalto in Italia è in forte aumento. Il mercato del lavoro attuale ha assunto, in maniera sempre più deviata e spietata, quasi unicamente il significato di competizione e concorrenza. Da questa concezione deriva il gravissimo degrado di elementi culturali e materiali e/o l’allentamento dei compiti e ruoli della vigilanza pubblica, risibili investimenti in innovazione, ricerca, istruzione e formazione.
I modelli di organizzazione di impresa sono orientati a diverse forme di esternalizzazioni interne mediante le quali si cedono a terzi parti del processo produttivo, che poi si riacquistano tramite appalti. Nelle stesse aree di lavoro spesso operano contemporaneamente personale di ditte esterne che si interfaccia o interpone con quello interno all'azienda o anche con altro esterno afferente da quelle già presenti. È evidente che tale organizzazione del lavoro porta rischi aggiuntivi perché complica la gestione della sicurezza a scapito della prevenzione di infortuni, spesso gravissimi o con conseguenze nefaste, e delle malattie professionali.
Se non in presenza di un’adeguata, puntuale, precisa e costante gestione della sicurezza, garantire a tutti un adeguato livello di tutela diventa pressoché impossibile.
La ricerca della massimizzazione dei profitti impone maggiori sacrifici proprio all’anello più debole e indifeso della catena con condizioni di lavoro spietatamente al ribasso, aumento di carichi di lavoro, estrema flessibilità degli orari, turni estenuanti senza adeguate pause e basse retribuzioni. Mirando essenzialmente a ridurre i costi, la necessità primaria è quella di terminare l’opera in tempi troppo stretti.
“Il nuovo Codice degli appalti che entrerà in vigore da gennaio 2024 ha il pregio di procedere nella direzione della semplificazione, della sburocratizzazione e della liberalizzazione. Meno perdita di tempo, si risparmieranno da sei mesi ad un anno con notevole contenimento dei costi. Più fiducia alle imprese, più cantieri, più lavoro” ha affermato il ministro delle Infrastrutture Salvini. Non è questa la strada da intraprendere. Liberalizzare ulteriormente significa ridurre ancor di più le tutele e agevolare l’infiltrazione delle mafie con tutto ciò che ne consegue!
PER GARANTIRE I LAVORATORI è necessario implementare un sistema di gestione che coinvolga sia il committente sia i diversi appaltatori interessati con l’obiettivo di garantire il rispetto di procedure coordinate e condivise per prevenire o ridurre la significatività dei rischi. Servono inoltre strumenti normativi stringenti che limitino notevolmente il ricorso ai contratti di subappalto.
ll Codice civile prevede che, di regola, il subappalto sia vietato, a meno che il committente non abbia prestato il proprio consenso, in altre parole, l’appaltatore non può delegare i lavori a un altro imprenditore se non è autorizzato dal committente.
IL N. 6 - GIUGNO 2023 - DE il puntO (leggi/scarica qui)
DA QUESTO NUMERO
LE ALLUVIONI
IL RUOLO DEI SOCIALISTI NEL POLESINE. La storia del Polesine è il racconto di secolari e pesanti ingiustizie, con la forbice drammatica tra un latifondo monopolista e decine di migliaia di persone condannate ad una stentata sopravvivenza, ma non per questo rassegnate. La trama di fine ottocento è caratterizzata da straordinarie azioni sindacali che proseguirono anche dopo con l’avvento del fascismo. Fu una figura polesana come quella del socialista Giacomo Matteotti ad opporsi in modo indomito alla dittatura, pagando con la vita.
La storia fu fatta non solo da protagonisti di primo piano ma anche da milioni di persone senza storia che ogni giorno ripartirono con coraggio e tenacia superando ogni difficoltà. I polesani l’avevano dimostrato da ben prima della Grande alluvione in occasione della quale prevalsero il grandioso orgoglio e la capacità di riscatto di quella che era stata definita la “mesopotamia d’Italia”, la terra tra i due fiumi, l’Adige ed il Grande Fiume Po.
L'alluvione del novembre 1951 fu un evento catastrofico che investì gran parte del territorio della provincia di Rovigo e una porzione di quello della provincia di Venezia causando un centinaio di vittime e più di centottantamila senzatetto, con pesantissime conseguenze sociali ed economiche. Si verificò a soli sei anni dalla fine del sanguinoso secondo conflitto mondiale che aveva visto l'Italia soccombente e che aveva lasciato il Paese in condizioni di indigenza e distruzione e così, quando l’alluvione sommerse il Polesine, già in condizioni economiche e sociali particolarmente complicate, la situazione si aggravò drammaticamente. Quella terra, prevalentemente agricola, risentì in modo ancor più grave della inevitabile carestia prodotta dall'inaccessibilità delle terre allagate. Cospicui furono gli aiuti portati da associazioni, partiti politici, sindacati ma anche da volontari di ogni condizione sociale e orientamento politico. La loro vera e gratuita solidarietà, espressa nelle più varie forme, fu mossa da autentici sentimenti di identificazione, condivisione e compassione.
Nei confronti delle popolazioni colpite ci fu anche una vera e propria gara internazionale di solidarietà, più o meno politicamente interessata, che vide una contrapposizione tra Unione Sovietica e Paesi del blocco comunista da una parte, americani dall'altra. I convogli di aiuti portavano l'indicazione a caratteri cubitali della nazione donatrice, in quell'epoca di guerra fredda tutto poteva servire per fare propaganda.
Durante il tragico evento l’azione di Lina Merlin, prima donna eletta in Senato per il Partito Socialista nel 1948, ebbe un ruolo significativo che mostrò in tutte le sue battaglie tenacia, coerenza politica, serietà e grandi capacità organizzative. Nella attività parlamentare si era da subito fatta portatrice delle grosse problematiche di quel territorio fatte di miseria, malattie endemiche ed emigrazione. Dal 1951 al 1955, nel ruolo di consigliere comunale di Chioggia, profuse un forte impegno a favore delle popolazione sostenendo la necessità di una bonifica integrale del territorio. Durante la Grande alluvione la senatrice Merlin si impegnò fattivamente a portare aiuto alle popolazioni delle valli inondate dal fango, raggiunse Adria per coordinare i soccorsi e dare una mano in prima persona, passando di casa in casa a bordo di un’imbarcazione per distribuire cibo, farmaci e vestiario, così come fece nelle successive inondazioni. Venne definita una piccola donna infilata in stivaloni di gomma fra gli uomini del soccorso. Dalla sede del municipio lanciò un drammatico appello tramite i microfoni della Rai, chiedendo aiuti urgenti e nel contempo espresse forti critiche e accuse al governo e ai responsabili dei soccorsi per l’assenza dei mezzi necessari a liberare il territorio: ruspe, camion, sacchi di sabbia e non si astenne dal denunciare la poca trasparenza dell’impiego dei fondi stanziati.
Un ruolo di primo piano lo conquistò anche il sindaco di Adria, Sante Tugnolo, figura storica del socialismo polesano. Eletto pochi mesi prima appena ventenne, si trasferì a tempo pieno nella sede del Comune dove, per coordinare i soccorsi e garantire, per quanto possibile, il funzionamento della macchina comunale, rimase per giorni dormendo su un pagliericcio sistemato in uno sgabuzzino. Da azioni come queste prese forza il processo di ricostruzione e trasformazione del Polesine. Se le conseguenze a breve poterono essere affrontate con un discreto esito, quelle a lungo termine furono ancora più pesanti. Moltissime famiglie sfollate non fecero più ritorno, solo poche di loro trovarono un valido motivo. Ebbe così inizio un lungo e inesorabile processo di spopolamento, la curva negativa dell'andamento demografico del Polesine vide nel 1951 il punto massimo, nel decennio 1951 – 1961 la popolazione si ridusse di oltre 80.000 unità, un fenomeno che sì è in buona parte invertito solo recentemente.
UNA LEZIONE NON SOLO PER RAVENNA. A partire dal 1400, per oltre 500 anni, si realizzarono opere idonee a rendere fruibile e governabile il territorio, le ultime furono quelle degli anni cinquanta per mettere in sicurezza dalle alluvioni il Polesine. Tutta quell’acqua c’è ancora ed è rappresentata dagli innumerevoli fiumi e fiumiciattoli, canali e fossi che costellano il territorio, nonché dalle zone vallive che si estendono fino quasi a Chioggia. Da allora molto è cambiato, gli apporti del Po e le sue diramazioni non sono più sufficienti a contrastare la subsidenza alla quale ha fortemente contribuito il prelievo di idrocarburi. È vero pure che larga parte del territorio ravennate è sotto il livello del mare e che perciò serve tenere nella massima efficienza tutti i presidi tecnici.
La crescente urbanizzazione ha portato ad un perenne consumo del suolo agricolo per far posto a fabbriche, palazzoni, singole abitazioni, centri commerciali. Secondo uno studio di Ispra, il suolo consumato dagli anni ’50 fino ai giorni nostri ammonta al 7% della superficie italiana.
È vero che lo spopolamento della montagna e in parte l’abbandono dell’agricoltura hanno privato il territorio di cura, interventi e vigilanza; è vero che certi mestieri prima dedicati alla pulizia di fossi e caditoie sono desueti, è vero anche che l’aver affidato ad appalti privati molti servizi della cura del territorio dimostra che forse non rispondono sufficientemente alle necessità, tenuto conto delle anomalie climatiche che producono eventi atmosferici e calamità naturali catastrofiche sempre più frequenti.
Diverse sono le questioni da affrontare che richiedono un’immediata e radicale inversione di rotta: serve non solo bloccare ma ridurre drasticamente la cementificazione esistente che impermeabilizza il territorio e sovraccarica i sistemi di deflusso, serve quindi un piano di graduale eliminazione degli immobili costruiti in zone particolarmente a rischio. Serve interrompere subito l’urbanizzazione incontrollata della città, delle periferie e riutilizzare e mettere a norma l'esistente. Per quanto riguarda le nuove mega strutture commerciali recentemente costruite e in costruzione non se ne capisce la necessità, il numero dei residenti del comune di Ravenna è sensibilmente diminuito negli ultimi anni. Serve nel contempo la realizzazione urgente di opere per la messa in sicurezza dei territori che riducano il rischio di alluvioni e inondazioni.
Una questione decisiva interroga la politica, qualsiasi siano le ragioni più o meno nobili per le quali non ci si è limitati nell’uso del suolo, ora serve porvi rimedio e in fretta.
SOLIDARIETÀ SEMPRE. Un soccorso doveroso a tre realtà della nostra provincia drammaticamente investite dalle esondazioni che il mese scorso hanno devastato in particolare i territori di Faenza, Conselice e Sant'Agata sul Santerno. È quello che, come preannunciato, il 3 giugno, il Partito Socialista - Regione Emilia-Romagna ha fatto portando aiuto concreto con la distribuzione ai cittadini dei beni richiesti da quei Comuni così duramente colpiti.
Un ringraziamento a tutte le Federazioni provinciali socialiste che, facendo capo alla sede del Partito di Faenza, hanno contribuito con grande impegno al raggiungimento dell’obiettivo, un grazie in particolare alle Federazioni di Bologna, Ravenna e Parma per lo sforzo organizzativo ed economico profuso. Un sentito grazie a quanti hanno consentito al grande cuore socialista di portare i soccorsi. Così come a coloro che hanno creduto che ce l’avremmo fatta nonostante le nostre modeste forze, per tutti al segretario provinciale Francesco Pitrelli, agli instancabili Federico Penazzi e Fifi Gullotta, al consigliere e assessore di Fusignano Carlo Sante Venturi, al tesoriere nazionale del partito Marco Strada che da Bologna ha coordinato la raccolta regionale, al segretario regionale Francesco Bragagni che ha voluto essere presente al centro di smistamento di Sant’Agata per esprimere la solidarietà di tutti i socialisti emiliano romagnoli.
IL GOVERNO TIENE IN OSTAGGIO LA ROMAGNA. Il Partito Socialista di Ravenna condanna l’atteggiamento del Governo Meloni e della maggioranza di destra nei confronti dei territori colpiti dall’alluvione, tenuti in ostaggio per interessi elettorali. Solo a 40 giorni dalla drammatica alluvione che ha colpito la Romagna, con colpevole ritardo è stato nominato il commissario straordinario per la ricostruzione, il generale Figiuolo. Non sono in discussione le sue competenze, ora però non c'è un minuto da perdere per recuperare il tempo perduto. Servono da subito la disponibilità di risorse adeguate e risposte veloci. Nella struttura commissariale, fondamentale deve essere poi il coinvolgimento della Regione, dei sindaci, dei presidenti di provincia e Città metropolitana ma anche delle rappresentanze economiche e sociali. Gli obiettivi sono quelli di concentrare ogni sforzo per indennizzare subito al 100%, famiglie e imprese alluvionate, rimettere in sicurezza il territorio riparando argini e strade.
“Il Governo non è un bancomat” aveva affermato alcuni giorni fa il ministro per la Protezione Civile Musumeci, un’affermazione vergognosa, un’offesa a tutti i romagnoli, a chi ha perso tutto in primis, ma anche nei confronti della popolazione in generale che da sola non può far fronte alle spese – stimate quasi 9 miliardi di euro.
Fin da subito i socialisti sono stati convintamente dalla parte delle Amministrazioni che in queste settimane hanno lavorato incessantemente per far fronte all’emergenza e chiesto con insistenza al Governo di non abbandonare la Romagna e di agire nel rispetto del proprio ruolo istituzionale, senza privilegiare il tornaconto elettorale.
FOCE DEL BEVANO
DOPO 50 ANNI SI RIPARLA DI ORTAZZO E ORTAZZINORiteniamo che la tutela ambientale e la salvaguardia delle aree di pregio naturalistico siano un dovere e un diritto, e rappresentino la buona politica. Eppure dopo cinquant’anni si riparla di Ortazzo e Ortazzino.
Ci domandiamo perché il Comune non sia intervenuto nell’acquisto dell’area previsto nel programma elettorale di maggioranza, ma soprattutto perché una società immobiliare abbia acquistato un terreno dove ci si assicura non si consentirà costruire?
Tanto clamore per nulla verrebbe da dire, se non fosse per il fatto che la notizia non sarebbe neppure uscita senza l’intervento di Italia Nostra.
Vogliamo credere che mai e poi mai verranno rilasciate autorizzazioni a edificare, così come del resto già non viene consentito nel Parco del Delta in cui l’area è inserita.
A questo punto, se tutto ciò è vero, ci chiediamo perché mai si dovrebbero impegnare risorse finanziarie pubbliche per riacquistare quel terreno dall’immobiliare che lo ha appena acquisito, inevitabilmente – crediamo - con un sovrapprezzo?
ASSEMBLEA PROVINCIALE DEGLI ISCRITTI
A un’assemblea molto partecipata il segretario provinciale
Francesco Pitrelli ricorda l’importante lavoro svolto e indica gli ambiziosi
programmi futuri. Di seguito una sintesi della sua relazione
Russi 25 giugno 2023
L’obiettivo principale delle iniziative del Partito o della sua partecipazione a quelle altrui, a partire dal congresso provinciale del novembre scorso, è stato quello di essere il più possibile presenti sul territorio per riavviare il contatto con i cittadini, le associazioni, le istituzioni e gli altri partiti: a gennaio abbiamo partecipato a Fusignano alla commemorazione per i cento anni dall’assassinio per mano dei fascisti del sindaco socialista Battista Emaldi, e a febbraio a Ravenna alla manifestazione per sostenere la resistenza Ucraina; ad aprile abbiamo organizzato a Ravenna l’evento “Per una sanità pubblica accessibile, equa, universale” durante la quale ci siamo confrontati con i sindacati del settore, e a maggio a Fusignano l’iniziativa “Una scuola per l’Europa”, dialogando con il Movimento Federalista Europeo, l’ANPI e il sindaco della città sulla formazione di una cittadinanza europea nelle scuole; infine, dopo l’alluvione di metà maggio, abbiamo organizzato due distribuzioni di prodotti per sostenere le persone colpite. Un plauso a quanti hanno collaborato al successo dell’iniziativa benefica.
Abbiamo già in programma altre iniziative: organizzare in autunno a Ravenna insieme al gruppo dei nostri PES Activist un evento sull’Europa in vista delle elezioni Europee del 2024, e a Faenza una esposizione di documenti dell’archivio della sezione accompagnata da incontri tematici.
Mentre continueremo ad essere presenti nelle piazze reali e virtuali e sui media, organizzeremo assemblee locali nei territori in cui si andrà al voto per le amministrative il prossimo anno, nella nostra provincia 14 comuni su 18, di cui tre con più di 15000 abitanti - Lugo, Cervia e Bagnacavallo.
Sarà fondamentale mantenere viva l’azione sulle aree tematiche che abbiamo affrontato e che affronteremo nei prossimi mesi, come la sanità, la scuola, le politiche di genere, insieme ai nostri tre responsabili di area Pierdomenico Lonzi, Luigi Neri e Margherita Calzoni.
SOSTIENI LA PROPOSTA
firma la petizione per una rapida approvazione della proposta
di legge "Disposizioni per l’istituzione del salario minimo"
Sul sito salariominimosubito.it prosegue la raccolta di firme a favore dell’introduzione di un salario legale a nove euro lordo all’ora. Sin ad ora le sottoscrizioni hanno abbondantemente superato la quota di 250.00mila, l’obiettivo è raggiungere il milione entro settembre. Per aderire basta fornire nome, cognome, codice di avviamento postale e una mail.
I 100 ANNI DEL PCI DI RAVENNA. L'OPINIONE DEI SOCIALISTI
nell'intervento di C. Lorenzo Corelli alla presentazione del libro
(leggi/scarica qui l'intero intervento corredato di testi e foto)
ALCUNI BREVI STRALCI
... Non sono certo il solo a ritenere che sul piano politico e storiografico il centenario del Partito Comunista sia stato un’occasione perduta per riflettere senza i veli ideologici del passato su ciò che rappresentò l’ubriacatura leninista sfociata nella scissione comunista al Congresso Socialista di Livorno del 1921; una scissione politicamente superflua visto che già la maggioranza nazionale del Psi era detenuta dall’ultra-leninista corrente massimalista (non in provincia di Ravenna dove prevaleva la corrente riformista e non a caso fu particolarmente accanito lo squadrismo fascista); è in questo contesto di frattura socialista e di radicalizzazione della lotta politica che il fascismo trasse alimento e incontrò il favore e il sostegno necessari ad imporsi.
Ma le conseguenze di quella scissione sopravvissero alla fine del fascismo e alla nascita della Repubblica, poiché la lunga sudditanza del Pci all’Unione Sovietica ha reso impossibile la costruzione in Italia di una reale, credibile, alternativa socialdemocratica al pluridecennale dominio democristiano; una “alternativa” che ancora oggi manca per poter contendere il governo del Paese alla destra. Si tratta di “riflessi condizionati” non abbandonati dal Pci neppure a “fine corsa”, quando, con la costituzione del Pd, ha preferito continuare a non affrontare la questione socialista, in Italia prima che in Europa.
DEDICATO A VITTORIA NENNI
Sulla pagina del suo diario del 29 maggio 1945, Pietro Nenni appuntò una notizia che mai avrebbe voluto scrivere: “Una lettera di Saragat a De Gasperi conferma la notizia della morte di Vittoria. Ho cercato di dominare il mio schianto e di mettermi in contatto con De Gasperi che però era al Consiglio dei ministri”.
Così De Gasperi che, appena finita la riunione, si diresse a piedi verso la sede dell'Avanti! “in quel breve tratto pensai che cosa un padre (aveva tre figlie, ndr.) potesse dire a un altro padre. A furia di pensare arrivai alla porta, feci la scala, arrivai all'ufficio: aveva già capito tutto. Ci trovammo abbracciati, a piangere assieme”.
Vittoria, affettuosamente chiamata Vivà, era la terza delle quattro figlie (Giuliana del 1911, Eva, detta Vany, del 1913 e Luciana del 1921) di Nenni e di Carmen Emiliani. Vivà aveva concluso la sua vita terrena dopo sofferenze e umiliazioni disumane il 15 luglio 1943 nel campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. Con uno stile narrativo asciutto e coinvolgente, Antonio Tedesco, direttore scientifico della Fondazione Nenni, ne ricostruisce la vita e il tragico epilogo nel libro Vittoria Nenni - n. 31635 di Auschwitz.
Vittoria era una giovane donna italiana che scelse di combattere a fianco dei francesi contro gli occupanti nazisti e i collaborazionisti. Era nata ad Ancona il 31 ottobre 1915 quando il padre era al fronte, partito volontario da convinto interventista repubblicano. Il giorno del suo undicesimo compleanno, il 31 ottobre 1926, Mussolini uscì illeso da un attentato a Bologna e Vittoria, di ritorno da scuola, si ritrovò sulle scale del palazzo di Milano dove abitava faccia a faccia con un gruppo di fascisti che avevano appena finito di devastare l'abitazione della sua famiglia.
Interrogata su dove fosse il padre, Vivà rispose che lo ignorava e per tutta risposta gli squadristi le strapparono i libri di mano. Nel rogo dei mobili di casa Nenni scomparvero per sempre anche “i suoi regali, i suoi giocattoli, i suoi libri di favole ai quali teneva tanto”.
Una bambina ancora spaventata salutò poche settimane dopo il padre in partenza per l'esilio clandestino in Francia. La madre e le quattro figlie lo raggiunsero a Parigi. Nel giugno 1940 Hitler decise di attaccare la Francia e il 14 dello stesso mese i nazisti entrarono a Parigi. Iniziò per i fuoriusciti antifascisti e le loro famiglie una nuova fase drammatica dell'esilio, isolati nella Francia collaborazionista di Vichy, costantemente braccati e spiati.
Nell'agosto 1940 Vivà e il marito Henri Daubeuf decisero di ritornare a Parigi, dove lo stesso iniziò ad occuparsi della piccola stamperia di proprietà di Nenni. Ben presto, durante le ore notturne, nella tipografia si iniziò a stampare materiale di propaganda della resistenza francese, a cui Vivà, pur non essendo iscritta ad alcun partito, si era avvicinata a partire dal secondo semestre 1941.
Il 17 giugno 1942 i poliziotti francesi irruppero in casa dei coniugi Daubeuf e arrestarono Henri, mentre sorprendente Vivà venne lasciata in libertà. Avrebbe potuto mettersi in salvo, scelse invece di rimanere vicino al marito, ma il 25 giugno fu arrestata anche lei. Trasferiti entrambi nel carcere-fortezza di Romainville, il principale penitenziario di Parigi, l'11 agosto, insieme ad altri 95 detenuti, Henri Daubeuf fu passato per le armi.
Pietro Nenni apprese dalla figlia Eva dell'imminente deportazione della sorella e scrisse sul diario: “Brutte notizie della mia Vittoria. A quest'ora sarà già in procinto di partire verso la Germania. Verso quale destino?”. Il 24 gennaio 1943 la figlia di Nenni e altre 230 donne furono caricate su un carro bestiame con destinazione Polonia, verso una località a loro sconosciuta, Auschwitz: soltanto 49 di loro si salveranno.
La morte di Vittoria Nenni sopraggiunse per una febbre tifoidea. “Da quando la nostra Vivà ci ha lasciati - avrebbe confessato Nenni - non c'è giorno, e forse non c'è ora, in cui non mi dica che forse è per causa mia, o per lo meno del mio genere di vita, che ella è stata presa dall'ingranaggio che l'ha schiacciata”.
IL N. 5 - MAGGIO 2023 - DE il puntO (scarica/leggi qui)
DALLA PRIMA PAGINA DI QUESTO NUMERO
SOLIDARIETÀ SEMPRE
È in corso, in collaborazione tra la Federazione del Psi di Ravenna e le altre Federazioni Socialiste della regione, una raccolta di viveri e prodotti per sostenere le persone colpite dall'alluvione nella nostra provincia. I prodotti acquistati, raccolti presso la sede socialista faentina di Corso Mazzini 85, saranno in distribuzione alla cittadinanza dei comuni di Faenza, Conselice e Sant’Agata sul Santerno il 3 giugno.
I cittadini ravennati non possono che ringraziare la cooperativa C.A.B.TER.RA. e i suoi soci che hanno permesso di immettere nei loro 200 ettari di campagna l’acqua del canale Magni per evitare l’allagamento dell’intera città. La CAB è stata la prima cooperativa agricola nata in provincia di Ravenna. Le sue origini risalgono al 1883 quando il 17 ottobre il socialista Nullo Baldini, assieme ad un gruppo di 40 braccianti, costituì una società anonima cooperativa: l’Associazione generale fra gli operai braccianti del comune di Ravenna. Quel principio di solidarietà che ispirò tale “impresa” è ancora forte e vivo. Lo stesso che ci fa dire che ora occorre al più presto ripristinare le aree gravemente danneggiate della periferia della città e dei comuni della provincia e risarcire i cittadini e le attività colpite.
Non poteva mancare la solidarietà espressa dal segretario del Circolo Socialista di Ostia Antica che si è già attivato, tramite una sottoscrizione, e ha così ha scritto al sindaco di Ravenna: “ … vogliamo esprimere le nostre condoglianze per i decessi e la vicinanza per i danni subiti dalle inaudite esondazioni del vostro territorio. Ogni anno celebriamo l'anniversario della bonificazione realizzata dai braccianti ravennati di Nullo Baldini, sempre grati e memori per il prosciugamento delle nostre paludi e la lotta alla malaria”.
IL N. 7 - LUGLIO 2023 - DE il puntO (leggi/scarica qui)
DALLA PRIMA PAGINA
A SINISTRA CON LE NOSTRE IDEE
Gli Stati Generali del Socialismo Italiano che si svolgeranno il 22 e 23 luglio prossimi a Roma non sono l’occasione di un bilancio della nostalgia, ma l’opportunità di dare un contributo di idee e proposte per contribuire a rafforzare quell’area politica laica, ecologista e riformista che è presente nel Paese ma che non è rappresentata da nessun movimento o partito che ne interpreti le istanze.
Gli Stati Generali rappresentano la tappa di un percorso politico che deve essere il più ampio possibile, a tal fine sottoporremo una piattaforma programmatica per intraprendere un percorso comune che, oltre a coinvolgere cittadini e militanti, si apre ad un confronto con tutte quelle aree del socialismo in vario modo organizzate, a partire dalle Fondazioni, ma anche dalle tante associazioni culturali e movimenti che si riconoscono nei valori del socialismo: la strenua difesa dei diritti universali quali il lavoro, la garanzia del reddito, la salute, l’istruzione, i diritti civili e sociali che sono legati alla decisa lotta al cambiamento climatico. La sfida più importante per i socialisti è dunque quella di ridurre le crescenti diseguaglianze, una battaglia che deve unire tutte le forze democratiche.
Dagli Stati Generali usciranno proposte che collocheranno inequivocabilmente il Partito Socialista nel suo storico ambito naturale.
Un NO categorico all’autonomia differenziata perché danneggia le regioni più deboli. NO alle nuove forme di sfruttamento, alla precarietà e al lavoro povero. SI al salario minimo, alla riduzione dell’orario di lavoro, alla parità di salario, alla totale revisione del Job act targato Renzi che ha ridotto notevolmente le tutele dei lavoratori e aumentato la precarietà. La riforma del lavoro spagnola deve essere il punto di riferimento.
In un’Italia che sta vivendo una profonda crisi economica, politica e di rappresentanza, alla presenza di un governo che quotidianamente si dimostra illiberale e disattento ai diritti, è più che mai necessario il contributo di tutte quelle forze che si richiamano a tali valori per invertire la rotta.
Le sfide che ci aspettano il prossimo anno, anche elettorali, che in qualche modo coincideranno con le elezioni europee, saranno il banco di prova per le forze politiche di testare, in primis, la loro capacità di interpretare e dare risposte alle istanze dei cittadini in un contesto sempre più orientato dalla politica internazionale e dalle dinamiche europee.
In preparazione degli Stati Generali sono stati programmati diversi incontri con i dirigenti del Partito e gli amministratori locali delle cinque aree del Paese che costituiscono le circoscrizioni elettorali per le elezioni europee del prossimo anno. La prima tappa il 1°luglio a Napoli ha interessato le regioni dell’Italia meridionale; l’8 a Venezia quelle del nord-est; il 19 a Milano del nord ovest; il 14 a Roma del centro Italia; il 10 a Cagliari per la Sardegna e il 15 ad Agrigento che interesserà la Sicilia.
