NO A MANIFESTI DISCRIMINATORI 

Da settimane in numerose città d’Italia, e anche in quelle della Romagna, sono comparsi manifesti dell’Associazione Pro Vita & Famiglia che promuovono  apertamente discriminazioni in base al genere e messaggi lesivi delle libertà individuali. Raffigurano il volto di un bambino con espressione triste e imbronciata, mentre due mani di soggetti fuori campo, una delle quali con le unghie dai colori arcobaleno, gli porge un papillon rosso da porre sul capo e un rossetto verso le labbra. Sopra questa immagine campeggia la scritta “Basta confondere l’identità sessuale dei bambini. #Stopgender”. La rappresentazione grafica fa il paio con il contenuto della petizione pubblicizzata nella quale, con toni allarmistici, si afferma che “ogni giorno in centinaia di scuole italiane si svolgono lezioni, attività, corsi su affettività e sessualità profondamente intrisi di ideologia gender... Firma subito la petizione per chiedere al Parlamento di approvare una legge che vieti l'indottrinamento gender nelle scuole dei figli degli italiani rispettando il diritto di priorità educativa della famiglia!”. L’Associazione propugna la necessità di un intervento del legislatore al fine di promuovere la centralità educativa della famiglia, anche per evitare il diffondersi della ideologia gender. Nel messaggio pubblicitario l’innocenza dell’infanzia appare minacciata da un lavaggio del cervello che mira a diffondere tra i più giovani la loro ideologia sulla famiglia, sulla sessualità, il matrimonio, i figli, e l'utero in affitto. 
La comunità scientifica è unanime nell’affermare che, quando si parla di sesso, ci si riferisce all’insieme delle caratteristiche fisiche, biologiche, cromosomiche e genetiche che distinguono i maschi dalle femmine. Quando si parla di genere si fa riferimento al processo di costruzione sociale e culturale sulla base di caratteristiche e di comportamenti, impliciti o espliciti, associati agli uomini e alle donne.
Tenere a mente queste distinzioni è necessario per superare le discriminazioni e le disuguaglianze nei confronti di quelle persone che non si riconoscono nello standard maggioritario. 

Il contenuto del messaggio dell’Associazione Pro Vita è scorretto e fuorviante, non solo perché i corsi di indottrinamento gender che scavalcano i convincimenti familiari non esistono nelle scuole italiane, ma soprattutto perché gli autori lasciano trapelare l’idea che combattere le discriminazioni e le disuguaglianze uomo-donna, oppure anche solo condannare l’omofobia, avrebbe come conseguenza cancellare le differenze sessuali.
I promotori del manifesto non concepiscono la possibilità che la promozione dell’uguaglianza in termini di dignità e di diritti sia di fatto compatibile con il rispetto di tutte le differenze, compresa ovviamente quella sessuale. Ciò che allarma è la violenza dell’immagine, con un bambino quasi costretto a subire degli imbellettamenti sgraditi da parte di voraci mani, nonché la manifesta carica offensiva apertamente rivolta a coloro che non si identificano negli stereotipi di genere propugnati dall’Associazione che ha affisso i manifesti.
L’art. 23, comma 4 bis, del Codice della Strada, opportunamente riformato, stabilisce:  “E' vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”.
Il manifesto risulta evidentemente offensivo per le ragioni sopra riportate. Il comma 4 quater dell’art. 23 stabilisce che il rispetto delle norme sopra indicate è condizione per il rilascio dell’autorizzazione all’affissione.
Il Partito Socialista condivide la lettera delle Associazioni che si occupano di parità di genere e lotta a alle discriminazioni che chiedono alle istituzioni la rimozione immediata dei  manifesti sull’intero territorio nazionale.

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