OTTOBRE 2020 E' USCITO IL N 10 DE il puntO  (leggilo/scaricalo qui)

da questo numero
PIU CONTROLLI CONTRO IL CAPORALATO DIGITALE
Mancato rispetto delle tutele contrattuali, inosservanza della sicurezza sulle strade e nel lavoro, occupazione di lavoratori stranieri irregolari, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dinamiche di caporalato digitale. La Procura di Milano ha concluso un’ indagine contro le maggiori quattro compagnie multinazionali americane di consegna del cibo a domicilio che hanno investito nel territorio italiano.
Proprio come il caporalato agricolo, quello digitale funziona per intermediari. Molti extracomunitari, pur di lavorare, accettano qualsiasi compromesso e le multinazionali della ristorazione ci giocano per abbassare le tariffe ed essere più competitive. Ci sono poi stranieri in regola con i documenti che rivendono o affidano i propri account a lavoratori senza permesso di soggiorno che non potrebbero essere assunti. I caporali concordano con i lavoratori fantasma una cifra che si aggira intorno ai 300euro al mese che riscuotono direttamente dal lavoro altrui. Si fa tutto online: mandati i documenti, le compagnie, senza nemmeno fare un colloquio di persona o telefonico, senza sapere chi sono e se hanno necessità, li assumono. A quel punto i regolari passano il loro account a quelle persone “irregolari”.
Il sistema di compravendita è ben organizzato, il regolare guadagna in media 10euro lordi, chi prende in affido l’account ne guadagna 3 netti perché 7 li chiede il titolare del contratto. Così i “nuovi schiavi” sono serviti. Vittime di questa filiera sono gli invisibili delle aree metropolitane, nella maggior parte dei casi giovani provenienti dai Paesi più poveri del mondo, che accettano, pur di avere accesso ad un lavoro che sia in grado di dar loro la speranza di raccogliere qualche briciola da un’economia dei servizi digitali che si sta arricchendo sempre di più sulle spalle dei lavoratori. Le compagnie, che sono a conoscenza di come funziona il sottobosco dei lavoratori fantasma e di tutta la dinamica della compravendita, sono i primi caporali di questi braccianti metropolitani. Gli inquirenti della Procura hanno rivelato: “i ciclo- fattorini, oltre ad essere pagati alla vergognosa cifra di 3euro l’ora, venivano depauperati delle ritenute d’acconto operate ma non versate, sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale. Venivano derubati delle mance che i clienti lasciavano loro e puniti, attraverso una arbitraria decurtazione del compenso pattuito, se non si fossero attenuti alle disposizioni impartite. Approfittavano dello stato di bisogno dei lavoratori, migranti richiedenti asilo dimoranti nei centri di accoglienza, pertanto in condizione di estrema vulnerabilità e isolamento sociale, e li destinavano al lavoro in condizioni di sfruttamento”. Accuse che hanno portato quest’estate al commissariamento di una delle aziende, ad indagare alcuni manager interni e gli amministratori di due società esterne di reclutamento di personale che fornivano alla filiale italiana del colosso americano. La chiusura delle indagini ha confermato il perdurare delle condizioni di sfruttamento e dell’estrema vulnerabilità lavorativa della categoria dei riders. Prassi inaccettabili che richiamano ad una riflessione collettiva sulle generali condizioni di lavoro, a partire dalla necessità di garantire i diritti dei lavoratori di questo comparto, tra i quali dignitose condizioni di lavoro, sicurezza e equo compenso per i quale il Partito Socialista si batte da tempo. Contro il permanere di comportamenti illegali ai danni di queste lavoratrici e di questi lavoratori occorre oggi, più che mai, oltre che dare le giuste tutele contrattuali, incentivare più controlli e ispezioni.

 

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