È USCITO IL N. 5 DE il puntO DI MAGGIO 2018 (leggilo e scaricalo qui)

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È NATO IL GOVERNO M5S-LEGA
Stando alle intenzioni, e ai contenuti - spesso soltanto generici auspici - del programma di governo, ci sono tutte le premesse di un pericoloso mix di improvvisazione, irresponsabile demagogia, inquietanti tratti illiberali ed imbarazzanti simpatie internazionali

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NON SI PUÒ CHE VIGILARE E OPPORSI CON AUTOREVOLEZZA, DIMOSTRANDO
DI ESSERE CAPACI DI RICONOSCERE GLI ERRORI E COSTRUIRE L’ALTERNATIVA
con un approfondito dibattito nella sinistra e un congresso che rinnovi e ricostruisca il campo socialista

L'editoriale di Riccardo Nencini
e il documento "La strada a sinistra" presentato alla Direzione Nazionale del Partito 
il 31 maggio da Lugi Iorio, Federico Parea, Elisa Gambardella e Francesco Bragagni


NENCINI. ECCOLI!

Era una delle soluzioni possibili, da un anno sostengo fosse l'esito più probabile. Tutto vero: programmi diversi, uno a nord l'altro a sud, uno di destra (atipica rispetto alle destre tradizionali) l'altro un partito pigliatutto, eppure legati da un animo fortemente antisistema e da una critica irriducibile rivolta contro Europa ed Euro. Il cemento è lì. Grattare la rabbia, il rancore, avanzare proposte accattivanti ma irrealizzabili, slogan rivoluzionari che produrranno danni a non finire. Una campagna elettorale permanente.

Ieri, in treno, due signori mi hanno detto: se nasce questo governo, la colpa è vostra. Ho risposto che abbiamo le nostre responsabilità - un racconto troppo roseo dell'Italia e avrebbe dovuto essere più realistico, lo scarso coinvolgimento della società di mezzo, misure tardive per combattere la povertà - ma che non bisogna dimenticare ne' chi eravamo - il paese più in rosso d'Europa fino al 2013 - ne' le colpe di chi ci aveva governato prima, visto che la crisi 2007/2013 era passata dalle mani dei governi Berlusconi ( con la Lega dentro, eccome!) e Monti.

Avremmo potuto fare di meglio - lasciamo comunque il segno 'più' in molte voci - ma il risultato elettorale sarebbe cambiato di poco. Una sconfitta meno netta, questo si, eppure non avremmo rovesciato la 'pancia' degli Italiani. Non è un caso che le forze populiste - pensieri corti per problemi complessi - abbiano alzato bandiera in tutta Europa e che la sinistra e i partiti di tradizionale popolare stiano arrancando ovunque. Stiamo vivendo un cambiamento epocale che incide sulle nostre passioni, sui nostri sentimenti, naturalmente sul nostro stile di vita, e non siamo stati sufficientemente abili per prevederlo e dunque per governarlo.

Resta il fatto che la soluzione non è quella che viene offerta dall'esecutivo  Conte: le società moderne non conoscono scorciatoie. Intanto, presi come sono a cambiare la Storia, non hanno presentato ne' un programma ne' un cronoprogramma e la formazione della legge di stabilità è dietro l'angolo. La flat tax avvantaggerà i più ricchi, il reddito di cittadinanza per tutti - con quali soldi? - è iniquo,  meglio il reddito di inclusione per chi si trova nella condizione del bisogno, le minacce sull'euro rendono più deboli il risparmio e le imprese, il protezionismo invocato da Salvini ridurrebbe l'export italiano al lumicino. Non basta. Voglio proprio vedere come farà il nuovo Ministro degli Interni a rimpatriare 600.000 persone. Oppure si trattava di promesse elettorali e basta? C'è di più, e il tema è caro ai socialisti almeno quanto lo è il lavoro: la democrazia e la libertà. Vincolo di mandato, regolamenti parlamentari a uso e consumo del capo, appello alla democrazia diretta, assenza di ogni riferimento ai diritti civili testimoniano un'insofferenza tagliente verso il Parlamento e verso le libertà individuali. Una cosa è reimpatriare i clandestini, altro considerare la diversità una minaccia. Una cosa è velocizzare le procedure, altro mettere la museruola al Parlamento.

Lo confesso: questi argomenti verranno considerati da qualcuno pretestuosi oppure di nessuna importanza. Altri dichiareranno: ma lasciateli lavorare! Bene, ma non dimentico ne' le posizioni che hanno sostenuto - breve carrellata: via dall'euro, società chiusa, l'Europa è il male, abbuono di 250 miliardi di debito...- e nemmeno la meta che vogliono raggiungere ora che sono un modello per l'Europa nera.

Che fare? Tenere gli occhi spalancati e costruire, mattone su mattone, quell'Alleanza per la Repubbblica formata da riformisti e democratici. Più governeranno assieme, più tenderanno ad allearsi nei comuni e nelle regioni per presentare agli elettori un blocco compatto. Le desistenze grilline a Siena ed a Vicenza sono un primo banco di prova.  Noi non dobbiamo rifondare il fronte popolare, assolutamente, ma cedere una parte della nostra sovranità a un disegno nuovo, aperto, coinvolgente. Le parole di Nenni sono vecchie, il monito attuale: ' Rinnovarsi o perire'.
Riccardo Nencini

LA STRADA A SINISTRA
Il documento non è stato posto in votazione, ma presentato come contributo al dibattito

La netta sconfitta elettorale del 4 Marzo spinge, una volta per tutte e tutti insieme, a ripensare totalmente la funzione sociale e politica della sinistra. Si è perso consenso tra le fasce tradizionalmente rappresentate e non si è stati ancora in grado di intraprendere una strada per ricreare una connessione con la società, rasentando l’irrilevanza nel voto di opinione. Le politiche del governo uscente non sono state percepite dagli elettori.

La stessa azione sviluppata dagli eletti di centrosinistra nel corso di questa interminabile crisi di governo è stata carente, tanto che non è lontano dalla logica indicare la corresponsabilità della nostra parte politica nella crisi istituzionale senza precedenti cui stiamo assistendo in questi giorni, come fa Pietro Ignazi sulla Repubblica del 28/05/2018, riferendosi al maggiore tra i partiti di centrosinistra. La corsa ad esprimere solidarietà al Capo dello Stato serve a poco ora, o quanto meno rischia di essere poco credibile, dopo 85 giorni a “godersi lo spettacolo sul divano, mangiando pop corn”. Bene si è fatto a segnalare le analogie tra la fase che si sta vivendo e gli anni ’20, a patto, però, di non ricordare unicamente il lato della demagogia e del populismo fascista. Quella, infatti, fu una storia impastata anche dell’ignavia, del tatticismo, dell’autoreferenzialità delle classi dirigenti e politiche democratiche e liberali del tempo.

Siamo, insomma, all’anno zero. Abbiamo il dovere di ricominciare ad ascoltare i delusi, gli scontenti, avviando un dialogo con la società, i suoi individui e i suoi corpi intermedi, riattivando canali di collegamento con essi aggiornati al nostro mondo. I partiti, profondamente in crisi di identità, oggi non bastano più. Occorre voltare pagina: nuovi modi di comunicare, un nuovo lessico, una riorganizzazione degli istituti partecipativi. Occorre un rinnovamento vero non di facciata.

Per fare tutto ciò, abbiamo bisogno, anzitutto, di discutere con profondità, rigore e franchezza tra noi. Riunire organismi durante la settimana, in una giornata lavorativa, non aiuta questo esercizio.

Occorre un congresso straordinario, è improcrastinabile inoltre la convocazione di un Consiglio nazionale da tenere già nelle prossime settimane per capire insieme le ragioni del nostro futuro politico.

Un Consiglio nazionale che possa approvare definitivamente l’impianto definitivo del documento in merito alla riorganizzazione del partito.

Un Consiglio nazionale che discuta serratamente sulla linea politica da assumere, sulle persone da coinvolgere e sui modi da adottare per dare corso ad un rilancio vero del Partito.

Un Consiglio nazionale che possa stabilire e confermare, nell’eventualità di un ritorno a brevissimo alle urne, regole e modalità per la conduzione delle negoziazioni con le altre forze politiche e per la selezione di candidature in linea con l’ambizione non della conservazione del presente ma della costruzione del futuro.

Sia il tema della riorganizzazione del partito che il cambio di linea politica comunque non possono non passare da un congresso straordinario.

E siamo consapevoli del fatto che costruire il futuro è un compito delicato, per il quale non possiamo permetterci più errori.

Si parla tanto di Fronte Repubblicano. Ma si tratta più di una prospettiva ideale tendente a solleticare l’immaginario collettivo che di una vera proposta per affrontare le elezioni. Il fronte repubblicano non può e non deve essere l’ennesima scorciatoia elettorale.

Il Psi deve ritrovare un propria soggettività in termini di proposta.

Al di là quindi delle mere enunciazioni di principio, che non ci possiamo permettere in questa fase drammatica, c’è una priorità che come riformisti possiamo proporre: aprire un dialogo con le forze che si dichiarano di sinistra, dentro e fuori la coalizione elettorale dello scorso 4 marzo.

Il seminario “La strada a sinistra” del 16 maggio scorso, promosso internamente al partito, è un esempio, forse parziale, sicuramente migliorabile, del lavoro da fare.
Luigi Iorio, Federico Parea, Elisa Gambardella, Francesco Bragagni 

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